Tre anni fa, nel 2018, a Roma un ragazzo si è rivolto alla Gay Help Line 800713713, numero verde nazionale contro l’omotransfobia, dopo essersi visto negare una visita odontoiatrica in uno studio medico specialistico privato.
Il medico aveva sottoposto al paziente un questionario in cui gli si chiedeva di evidenziare esplicitamente se avesse avuto o sospettasse di avere malattie infettive o di essere positivo al virus HIV. Mentre si trovavano ancora in sala d’attesa, il medico gli aveva comunicato l’impossibilità di procedere con l’esame clinico perchè la sua sieropositività” non gli avrebbe consentito di scongiurare un possibile contagio del personale e degli altri pazienti”.
Dopo la denuncia pubblica di Gay Help Line è intervenuto l’Ordine dei Medici, per prendere relativi provvedimenti. A questo ha fatto seguito un reclamo al Garante dei dati personali, che in data 10 giugno 2021 ha emesso apposita ordinanza (qui link) in cui evidenzia che la condotta del medico non ha rispettato la disciplina specifica in materia di privacy e stabilisce che la richiesta di informazioni relative all’eventuale stato di sieropositività di ogni paziente che si rivolge per la prima volata a uno studio medico contravviene il principio di liceità e minimizzazione dei dati richiesti (art. 5 Regolamento privacy).
Inoltre rileva che il medico ha agito in violazione della legge 135/1990, la quale dispone che qualsiasi struttura sanitaria, pubblica o privata, adotti precauzioni finalizzate alla protezione dal contagio verso la totalità delle persone assistite, considerata l’impossibilità “di identificare con certezza tutti i pazienti con infezione da HIV”. Pertanto il Garante ha disposto l’applicazione di una sanzione amministrativa di 20mila euro al medico, vista l’illegittimità della sua condotta.
Ogni anno – continua Rossi – il numero verde Gay Help Line riceve 20.000 richieste di aiuto, di queste il 15% riguarda discriminazioni e disparità nell’accesso alle cure.
Come testimoniano i dati del Roma Checkpoint, servizio di screening HIV gestito da Gay Center e Arcigay Roma, questa differenza di trattamento è in buona parte il risultato dello stigma che colpisce le persone lgbt sieropositive.”